Sebastiano Messina/La Repubblica

Non è facile spiegare come sia possibile essere catturati da una trasmissione che apparentemente non ha né capo né coda, senza un attore, senza una storia, senza una scenografia. Eppure è quello che mi succede, da un po' di tempo a questa parte, quando RaiTre (sì, ancora RaiTre: chissà perché, ma quasi tutte le novità più interessanti ormai appaiono sulla rete che Berlusconi ama meno di tutte) manda in onda “Volti – Viaggio nel futuro d'Italia”, di Daniele Segre. Non c'è nessuna trama, dicevo. Dopo la sigla – un coro di giovani sconosciuti che canta Fratelli d'Italia” con generose stonature – sul video compaiono uno dopo l'altro, senza nessun sottotitolo, senza nessuna presentazione, senza nessuna voce narrante, i volti di una ventina di giovani che sembrano non avere niente in comune, a parte il fondale colorato dietro di loro. Ragazze e ragazzi che raccontano la loro storia prendendola molto ma molto alla lontana: ieri sera, per esempio; per i primi dieci minuti i protagonisti ci hanno parlato della metropolitana milanese, dei corsi Erasmus, dei colori della città, delle paure dei genitori e di tante altre cose, prima che potessimo capire che quelle facce appartenevano ai redattori di «Vita» il settimanale no-profit diretto da Riccardo Bonacina.
I quali ci raccontavano la loro vita, le loro passioni, i loro sogni, attraverso questo metodo narrativo basato sulla sobrietà più assoluta: solo loro, e nient'altro. Niente domande, dunque (o almeno non potevamo séntirle, anche se possiamo immaginarle). Solo le loro risposte, date però con una spontaneità davvero rara, nonostante l’apparente somiglianza della scena a quella del confessionale del Grande Fratello. Aveva ragione il direttore di RaiTre, Paolo Raffini, presentando questo programma come il tentativo di «raccontare le cose per quello che sono», in una televisione dove s'è perso definitivamente di vista il confine tra realtà e finzione.
In sei puntate, Segre ci sta raccontando un'Italia che conosciamo poco, quella dei giovani del Terzo Settore. Che sarebbe, come ha spiegato benissimo una delle giovani protagoniste di ieri sera, «quello che non è l'industria e non è il governo, ovvero quello che fino a qualche tempo fa era considerato il mondo della sfiga: sono coloro che si mettono insieme per cercare di far funzionare il mondo in maniera più giusta, per l'ambiente e per le persone». Prima ancora di arrivare alla sesta puntata (ne restano altre due) possiamo già dire quello che non ci piacerà, alla fine di quella trasmissione: che non ci sarà una prossima puntata.